logoHelios.gif (26924 byte)
 
Lettera_H.jpg (10827 byte)elios

Lettera_C.jpg (9337 bytes)ome la'ltro mese dal rappresentante stampa di Helios, J.K. Kappa, mi Φ giunto un bel pacchetto (questo mese sono tre.. ma sono tosti!!) di Racconti freschi freschi, provenienti dai players del server che rappresenta.. Li inseriamo? Ma certo...:-)

GreenKnight

MarkGenerico.jpg (7498 bytes) News di Helios

 MarkSeparatore.gif (2573 bytes)

The adventures of Tsugg Btugg ( Volume I░)

Author: Tsugg Btugg - 14/11/1999

Voglio narrarvi, amici avventurieri, una breve, tragica e mirabile disavventura che mi. La chiamo breve, perchΘ fu costretta a concludersi prematuramente poco dopo essere iniziata; tragica, perchΘ almeno uno dei miei valorosi compagni vi trov≥ la morte; e mirabile, perchΘ fu solo per miracolo che io stesso non vi incontrai il medesimo funesto destino. Ero, come mio solito, nel cimitero dell’operosa Vesperia, che come tutti sanno Φ maledetto e popolato da morti viventi. Arginare questa piaga innaturale Φ la missione che ho scelto: ogni giorno mi batto contro cadaveri affamati, per costringerli a tornare nelle loro tombe. Spero cos∞ di contribuire alla tranquillitα dei cittadini di Vesperia. Per mia fortuna non sono solo in questa lotta senza fine: numerosi guerrieri intervengono spesso a darmi man forte. Alcuni condividono gli scopi della mia crociata, altri sono a caccia di gloria, altri ancora sono attratti dai tesori nascosti nelle cripte del cimitero. Ieri i miei compagni d’arme erano il prode Arcor e un altro cavaliere, giovane, inesperto e coraggioso; forse la mia memoria fa difetto, ma credo che il suo nome fosse Sir Sigfried. Insieme avevamo giα consegnato alla polvere molte ossa ribelli, e sembrava che nessuna lapide osasse pi∙ sfidarci. Il cimitero infernale era stato pacificato, almeno per il momento. "Il mio brando" protest≥ il pugnace Arcor "ha ancora sete di sangue nemico, ma questo campo di battaglia non ci offre pi∙ alcuna sfida. Rechiamoci presso le Grotte Covetose; distano molte miglia da qui, ma grazie alla magia possiamo raggiungerle in un lampo. Nei loro anfratti abitano demoni senza nome, a guardia di ricchezze senza fine; ne usciremo carichi d’oro e d’onore." Gli feci notare che dirimpetto all’ingresso delle Grotte Covetose sorge un accampamento di crudeli predoni, molto pi∙ pericolosi di qualsiasi belva o mostro, escludendo forse il dragone dal fiato di fuoco. "Ma i predoni sono sciocchi e superstiziosi" ribattΘ l’astuto Arcor "Non s’azzarderanno a seguirci nel buio delle caverne. Sei dunque dei nostri, amico Tsugg?" Soppesai le sue parole. Gettai uno sguardo al nobile Sir Sigfried, rimembrando l’epoca nella quale anch’io ero stato tanto giovane e entusiasta. Alfine, annuii. Arcor, mediante antichi artefatti in suo possesso, formul≥ un arcano incantesimo, e l’aria di fronte a noi si mut≥ in una porta sfavillante; non senza stupore la varcammo, superando cos∞ i confini dello spazio e del tempo. Un attimo dopo lo spettacolo al mio cospetto era cambiato. Il tristo cimitero di Vesperia aveva lasciato il posto ad un ridente spiazzo erboso, ai piedi di una montagna; nel fianco di essa si apriva una cupa spelonca, l’ingresso delle Cave Covetose. Alle mie spalle udii sorgere quasi subito cori guerreschi, e clangori di armi sguainate: i predoni ci avevano notati. Senza esitare mi precipitai dentro l’antro. L∞, per alcuni attimi, fui cieco e sordo. Muovendo timidi passi nelle tenebre cercai qualche segno di vita, ma le mie orecchie avvertirono solo un debole gocciolar di stalattiti. Poi le mie pupille si adattarono all’oscuritα, e lo vidi. Dalla volta della grotta, come un orrido pipistrello, pendeva un osceno ibrido: somigliava a una donna, ma era ancor pi∙ terribile. Aveva grandi ali da falco, e occhi felini. Anche lui dovette scorgermi solo in quel momento, perchΘ emise uno stridulo grido e piomb≥ su di me, tentando di ghermirmi con artigli rapaci e di azzannarmi con fauci dai troppi canini. Mi nascosi dietro al mio fedele scudo, e menai colpi con la mia possente mazza. Dovetti andare a segno, giacchΘ l’orrore volante stramazz≥ a terra inerte, in una nuvola di luride piume. Fiero d’aver liberato il mondo da quell’abominio, mi volsi in cerca dei miei compagni d’avventura; invano. Ero solo. Arcor e Sir Sigfried, violando il confine che separa l’ardimento dalla follia, erano rimasti all’esterno ad affrontare i predoni. Ma non sarei rimasto solo a lungo. Un uomo irruppe all’improvviso nella caverna: un predone meno superstizioso degli altri, giunto fin l∞ sulle mie tracce. Era enorme, e brandiva una spada altrettanto enorme; era sporco come un animale, indossava pelli d’animale, e grugniva versi degni d’un animale. Non sospettai nemmeno per un secondo di poterlo sconfiggere con facilitα. Dietro di me, d’altronde, si stavano moltiplicando gli stridii e i battiti d’ala; segnali del fatto che l’arpia da me abbattuta non era l’unica della sua specie, e altre simili a lei stavano emergendo dalle profonditα della caverna. Dovevo sfuggire al confronto col predone addentrandomi nelle Grotte Covetose, col rischio di incontrare un’orda di mostri volanti? Oppure sarebbe stato pi∙ saggio duellare con quel bruto tremendo, sperando di averne ragione? Il barbaro mi liber≥ di ogni dubbio balzandomi addosso con insospettabile rapiditα, prima che potessi prendere una decisione. Lo colpii allo stomaco con tutta la veemenza della quale dispongo, ma la mia mazza fu fermata dalla sua cotta di maglia e dai suoi addominali d’acciaio. Ridendo del mio assalto inefficace, il predone cal≥ la sua lama titanica sulla mia testa; il teschio di muflone che porto come elmo si incrin≥, e il teschio umano che porto sotto la pelle non fu da meno. Stordito dal dolore, fu solo per istinto, e non per calcolo, che sollevai lo scudo in mia difesa; lui vi si accan∞ contro fino a ridurlo a un rottame inutile. Il fendente successivo mi scav≥ nel bicipite destro fino all’osso; la mazza, troppo pesante, mi cadde di mano. Per ben due volte il mio carnefice tent≥ di infilzarmi come un tordo; se non ci riusc∞ lo si deve alla mia solida corazza e alla sua spada spuntata, ma quelle stoccate mi costarono comunque molte costole. Ogni respiro era un’atroce sofferenza, ero conscio a malapena, sentivo che la mia fine non era lontana. Pregai il Dio della Morte di accogliermi nell’Eliseo dei Guerrieri, e mi preparai a ricevere l’ultima ferita… Un turbinio di piume e di artigli si abbattΘ sul predone. Le altre arpie delle Grotte Covetose erano arrivate in gran numero, con la ferma intenzione di punire l’assassino della loro compagna; ma avevano scelto il colpevole sbagliato. Lui non si tir≥ indietro, dando inizio a una feroce battaglia tra mostri dal volto umano. Io non rimasi certo ad aspettare il vincitore: barcollando mi trascinai fuori dalla caverna. La luce del sole mi baci≥ tanto calorosamente da farmi crollare a terra. Grondavo sangue da ogni poro; l’erba sotto di me pass≥ da verde a rossa. Poco pi∙ in lα giaceva un cadavere: era decapitato, ma riconobbi ugualmente il povero Sir Sigfried. Aveva mezza dozzina di lance conficcate nel torace, ed era nudo dalla cintola in gi∙; chissα come e quanto ne avevano abusato. Piansi per lui, ma dai miei occhi sgorgarono lacrime di sangue. Dovevo andarmene di l∞ e trovare qualcuno in grado di guarirmi, se volevo sopravvivere. Non sono uno stregone, ma non sono del tutto ignaro di arti magiche. Tempo fa barattai per tre gemme una runa mistica. Chi me la vendette giur≥ che, tenendola nella mano destra, stringendo nella sinistra i giusti ingredienti, e pronunciando la giusta formula senza errori, ovunque mi trovassi sarei stato trasportato all’istante nel luogo pi∙ sicuro del mondo, ovvero Vesperia. Decisi che era giunta l’ora di verificare se il mio era stato un buon acquisto. A fatica mi sfilai lo zaino e ne estrassi il necessario: la runa e un sacchetto di cuoio, contenente seta di ragno, radici di mandragola e gli altri ingredienti. Presi il sacchetto nella sinistra, la runa nella destra, ripassai la formula mentalmente e, con uno sforzo immenso, mi alzai in piedi. Solo allora mi accorsi di essere circondato. Oltre cinquanta predoni erano disposti a semicerchio intorno all’ingresso della caverna. Avevano le armi in pugno, e mi fissavano come il gatto fissa il topolino. Uno di loro si stacc≥ dal gruppo e venne verso di me. Aveva muscoli guizzanti, la pelle scura quasi quanto la mia, e una minacciosa scimitarra affilata. In preda al panico provai a pronunciare la formula, ma la mia bocca era piena di sangue: seppi gorgogliare solo qualche troncone di parola. Il predone dalla pelle scura, come in un incubo febbricitante, avanzava sogghignando e leccando il lato concavo della sua lama, mentre tutti gli altri mi dileggiavano ad alta voce. Il mondo intero girava e vacillava intorno a me; mi costrinsi a non perdere i sensi. Le mie labbra moribonde composero freneticamente la prima parte della formula, ma ormai il predone era a portata di sciabola. Men≥ un micidiale fendente orizzontale: la sua arma penetr≥ nel mio collo, recidendo vene e arterie. Tutto divenne nero. La prima cosa che vidi, quando mi svegliai, fu l’azzurro del cielo, appena punteggiato di nuvole. Non era il cielo dell’Aldilα: ero a Vesperia. Dovevo essere riuscito a completare la formula prima che la lama della scimitarra mi tranciasse la trachea, e l’incantesimo aveva fatto il suo lavoro: ero stato trasportato, svenuto ma ancora vivo, al centro della piazza principale di Vesperia. I maghi cittadini, come scoprii poi, avevano usato i loro poteri taumaturgici per guarire le mie gravissime ferite. Incredibilmente me l’ero cavata. Sano e salvo, ma ancora scosso, ero deciso a prendermi una lunga vacanza lontano da mostri e scontri armati. Tra la folla, tuttavia, mi corse incontro una figura familiare: era Arcor, che probabilmente si era salvato grazie alla magia, come me. "Amico Tsugg!" mi disse "Meno male che ce l’hai fatta! Ora per≥ ci aspetta una nuova impresa: dobbiamo tornare lα per recuperare il corpo del povero Sir Sigfried, cos∞ potremo dargli una sepoltura degna del suo rango! Sei pronto a partire?" Stesi il braccio destro verso di lui, come a voler suggellare la nostra alleanza con una stretta di mano; ma subito piazzai la mano sinistra sull’interno del gomito destro, piegandolo all’ins∙. Nella mia terra d’origine questo Φ noto come il Gesto dell’Ombrello, e indica diniego. Sono eroico, ma non sono mica scemo.

Tsugg Btugg

MarkSeparatore.gif (2573 bytes)

The new adventures of Tsugg Btugg (Volume II░)

Author: Tsugg Btugg - 21/11/1999 (22:44)

Probabilmente non crederete alla storia che sto per narrarvi; io stesso, se qualcuno mi raccontasse una storia simile, penserei che Φ pazzo, o che ha esagerato col sidro e l’acquavite. Ciononostante la storia Φ vera, almeno per quel che ricordo, ed Φ capitata a me.

1: SIR LENDAR SARIK.

Di certo Φ giunta fino a voi la fama di Sir Lendar Sarik, che tra tutti i Paladini di Britannia Φ il pi∙ nobile e possente. Non esiste, da Trinseca all’isola di Oculo fino alle spiagge felici di Papua, un solo malvagio che non balbetti a mezza voce preghiere ai suoi Dei quando sente pronunciare il suo nome; e non c’Φ alcun grido d’innocente minacciato che non costringa la sua spada ad accorrere. Orbene, il fiero Lendar Φ venuto a conoscenza della mia lotta senza fine contro il cimitero maledetto di Vesperia, e ha deciso di premiarmi concedendomi l’onore di divenire suo scudiero. D’ora in poi avr≥ io il privilegio di nettare le sue armi dal sangue nauseabondo dei maligni, affinchΘ esse splendano sempre come splende la sua virt∙; io dovr≥ annunciarne l’ingresso alle porte delle cittα, cosicchΘ le genti di ogni dove possano predisporgli un’accoglienza adeguata al suo rango; io lo seguir≥ nelle sue imprese pi∙ ardimentose per poi eternarle nella mia memoria, e forse, quando verrα il giorno, sar≥ anche testimone della sua morte eroica.

2: LE CATACOMBE.

Ieri io e il mio signore ci trovavamo presso l’ingresso delle Catacombe Ilote. Il viaggio fino a quel luogo era stato lungo e spossante, ma l’indomito Sir Lendar non dava segni di stanchezza, nΘ mostrava alcuna volontα di voler rimandare la battaglia che era venuto a combattere; il suo sguardo era limpido e fiero come sempre, e la polvere della strada non aveva intaccato lo sfolgorio della sua armatura. Dall’alto del suo roano mi disse: "Tsugg, amico mio. Stiamo per scendere nelle viscere della terra, ove dimorano creature tanto immonde che la loro stessa esistenza Φ un crimine efferato. Sta a noi cancellarle dalla Creazione, restituendo a quest’ultima l’armonia che le Φ propria. Vedremo orrori che sorpassano di larga misura il pi∙ terrificante dei tuoi incubi: io sono un Paladino, ed Φ mio dovere affrontarli senza recedere, ma sappi che se il tuo cuore non sarα saldo io comprender≥, e non scorger≥ alcun disonore nella tua fuga. Inoltre c’Φ dell’altro. Molti sono passati di qui prima di noi, e quasi tutti hanno lasciato in pegno la loro vita. Si vocifera che le anime di quelle povere vittime aleggino ancora tra gli anfratti di questa spelonca, dilettandosi nel rendere folle chi vi si avventura. Altri sostengono che in questo luogo sono state spezzate cos∞ tante vite, da conferire al luogo stesso una sorta di nefanda coscienza. Qualunque sia la veritα, Φ noto che nelle Catacombe Ilote avvengono fatti inspiegabili anche per il pi∙ saggio dei maghi; i nemici in carne e ossa potrebbero non essere i pi∙ pericolosi. Pertanto ti esorto a non preservare soltanto il tuo corpo, ma anche la tua mente." Provo vergogna ad ammetterlo, ma tremai; non smisi quando muovemmo i primi passi nel buio dell’antro.

3: STRANI UOMINI.

Il cavallo di Sir Lendar, fenomenale come il suo padrone, discese la scalinata di pietra che conduceva nel sottosuolo. Ci trovammo in una grande stanza, gravida d’aria marcia e sepolcrale. Due paia di occhi piccoli e rossi ci fissavano con odio da un angolo oscuro, dove anche la luce delle nostre torce temeva di spingersi. Un attimo dopo, lo scontro inizi≥. Una coppia di esseri simili a uomini, minuti come scimmie e agili come serpenti, si gettarono su Sir Lendar brandendo bastoni e ossa d’animale. Lendar rote≥ la sua spada e decapit≥ uno degli avversari prima che gli fosse addosso. Non potei appoggiarlo nel prosieguo della battaglia, perchΘ un terzo selvaggio, non diverso dai primi due, sbuc≥ fuori dal nulla aggredendomi alle spalle. Emetteva sibili e squittii che di umano non avevano niente. Mi colp∞ alla testa, ma il mio elmo vanific≥ l’assalto; mi voltai e calai su di lui la mazza. Un concerto di ossa sottili mandate in frantumi mi avvert∞ che il mio affondo aveva avuto un effetto letale. Ansimando osservai il corpo della creatura. Era un uomo, aveva gambe e braccia come quelle di un uomo, e indossava vesti da uomo, per quanto lacere e luride. Ma le sue orecchie erano spropositatamente grandi, i suoi denti troppo larghi e sporgenti, il suo naso troppo acuminato, e dalle sue terga spuntava una coda. Avevo sempre creduto che le leggende circa i popoli che avevano scelto di vivere sottoterra nutrendosi di ratti e vermi, e che per questo si erano trasformati in topi a loro volta, fossero solo favole per spaventare i fanciulli; ora sapevo che non era cos∞. "Tsugg?" mi richiam≥ Lendar. Sotto gli zoccoli del suo cavallo giacevano i cadaveri di due uomini topo. Insieme varcammo la soglia che da quella stanza portava verso il cuore della catacomba.

4: L’ORRORE PELOSO.

Avanzammo attraverso corridoi senza fine. Ogni scricchiolio, ogni sibilo, era per me causa d’allarme e spavento; l’audace Sir Lendar procedeva sereno, quasi fosse convinto di trovarsi ancora tra le mura sicure di Vesperia. Ad un tratto il camminamento svolt≥ verso sud, mentre a nord si apriva un’arcata. Oltre, solo tenebre. Tutt’intorno a noi, ragnatele. "AhimΦ, signore, " mi lamentai "Non desidero apparirti effeminato, ma temo l’incontro con un ragno dalle otto gambe pi∙ che con un feroce predone. Dico questo perchΘ nelle mie terre d’origine vivono ragni che possono uccidere un uomo con un sol morso, e sono pi∙ grandi di una mano aperta." "Anche i ragni che vivono qui" ribattΘ il Paladino "si distinguono in quanto a dimensioni", e mi fece cenno di guardare sopra la mia testa. Obbedii, e per poco il terrore non mi sopraffece. Al soffitto era abbarbicata un’orrida tarantola, che in quanto a peso e stazza non temeva la concorrenza delle scrofe vendute al mercato. Stavo ancora provando a capacitarmi dell’esistenza di un simile obbrobrio, quando la vedova decise di abbracciarmi con calore, e si lasci≥ cadere su di me. Urlai e la respinsi con lo scudo. "Il suo aspetto, ne convengo, Φ ripugnante" spieg≥ Lendar, "ma il suo ventre Φ molle, e il suo veleno Φ blando. Pertanto ritengo che tu possa gestirla senza il mio aiuto, dacchΘ una tenzone di tutt’altra portata richiede la mia presenza altrove." Ci≥ detto spron≥ il cavallo e varc≥ l’arcata a nord. Per un attimo intravidi in quella direzione una sagoma titanica e massiccia, come di un enorme bruto, e mi parve che dal suo torso si diramasse non un solo collo ma due, ognuno dei quali gravato da una testa; forse quel ciclope bicefalo era il dominatore del sotterraneo. Di certo udii i suoni di una gloriosa battaglia provenire da quella parte, e mi rammarico di non essere stato lα, ad assistere al trionfo di Sir Lendar; d’altronde ero impegnato in tutt’altra faccenda. Vincendo la repulsione abbattei la mia fedele mazza sul mostro a otto gambe; ne sgorgarono umori dello stesso colore della linfa degli alberi. Quando la bestia smise di dimenarsi credetti che avesse reso l’anima, e per accertarmene mi accinsi a rivoltarne la carcassa pelosa con il manico dell’arma; ma quell’abominio ebbe un ultimo guizzo, e mi azzann≥ al polso. La ferita si gonfi≥ e si tumefece, le mie forze vacillarono: veleno. Senza por tempo in mezzo estrassi il coltello dalla bisaccia, incisi la parte infetta e ne succhiai via i fluidi mefitici. Mi evitai cos∞ quella morte tanto insidiosa, ma non sono sicuro di aver contrastato del tutto gli effetti del veleno. Quel che mi accadde poi, infatti, Φ troppo inquietante per non alimentare in me il dubbio che, in qualche strano modo, il morso del ragno abbia alterato le mie percezioni.

5: DARK FORCES, PART ONE.

Ormai quell’orrida fiera era inequivocabilmente spirata, e non rappresentava pi∙ alcun pericolo. Di certo le catacombe nascondevano ancora molte minacce, ma nessuna di esse era in vista in quel momento. Eppure, d’un tratto, sentii il terrore montare dentro di me: terrore puro, privo di cause e di basi razionali, come l’effetto di un oscuro incantesimo. Potreste pensare che io stia mentendo per mascherare un attacco di vigliaccheria, ma se Tsugg Btugg Φ conosciuto in tutta Vesperia e dintorni Φ proprio per la sua onestα. E forse non sono un Paladino, ma sono sempre l’uomo che affronta ogni giorno l’Armata delle Tenebre del cimitero di Vesperia; spesso ho paura, ma so anche come controllarla. Quel terrore clandestino, invece, travolse gli argini del mio spirito tracimando ovunque, e mi costrinse a fuggire verso sud di gran carriera, senza che io stesso ne vedessi la ragione. Spettri rancorosi stavano giocando con me, manipolando a piacere le mie emozioni? Ignoro se la spiegazione del mio comportamento fosse questa, oppure se ne esistesse una ancor pi∙ incredibile, o viceversa pi∙ prosaica. So che talvolta nei sotterranei aleggiano effluvi in grado di sconvolgere la mente di chi li inspira. Qualunque sia la veritα, io ero incapace di far altro che non fosse fuggire. Non pensavo, nΘ vedevo, nΘ sentivo nulla; solo, nelle mie orecchie, mi parve che echeggiasse una beffarda risata infantile. Alfine quella misteriosa condizione di invasamento si interruppe, e io mi fermai. Dove mi trovavo? Avevo corso per chissα quanto, lungo chissα quanti corridoi. Di Sir Lendar non c’era traccia: mi circondavano solo roccia, buio e silenzio. Ancora una volta ero solo al centro dell’ignoto.

6: IL CAMPIONE DEI TOPI.

O meglio, ero convinto di essere solo: un nuovo terrore, stavolta assai ben motivato, si accese in me quando mi accorsi di alcune paia d’occhi che mi squadravano. Erano del tutto simili a quelle che avevano accolto me e Sir Lendar all’ingresso del sotterraneo, ma molto, molto pi∙ numerose: la mia ritirata irrazionale mi aveva condotto nel cuore del regno degli uomini topo. Uno di loro si fece avanti: era di poco pi∙ basso di me, nerboruto, brandiva una vera spada e indossava una corazza di cuoio borchiato. Presso quei selvaggi doveva essere l’equivalente di un grande guerriero, un campione inviato a sfidare l’invasore. In effetti era un combattente superiore agli altri uomini topo, ma fu comunque uno scontro brevissimo: il mio scudo par≥ la sua lama, e la mia mazza gli fracass≥ il cranio. Le sue cervella ancora calde si sparsero a terra, i suoi compagni si ritrassero squittendo. Approfittai di quella loro momentanea reverenza per allontanarmi guardingo.

7: DARK FORCES, PART TWO.

Vagai per tunnel e gallerie, cercando di rammendare la via che conduceva all’uscita, ma in questo modo finii solo con l’addentrarmi ancor di pi∙ nelle catacombe. Iniziavo a temere che avrei vagato in eterno nel sottosuolo, quando venni raggiunto da suoni familiari: le grida battagliere di Sir Lendar, i sibili decisi dei suoi fendenti, e i nitriti del suo nobile destriero. Quelle note guerresche furono per me come rintocchi di campane paradisiache; seguendole avrei rintracciato il mio signore, e lui mi avrebbe guidato fino alla luce. Ma un altro suono, all’improvviso, si insinu≥ nelle mie meningi: una beffarda risata infantile. Con sgomento intuii che la forza misteriosa era tornata ad ostacolarmi. I miei stessi piedi smisero di obbedire agli ordini; invece di correre verso Sir Lendar presi a camminare in circolo, danzare, inseguire nemici inesistenti, quasi fossi invasato. E il peggio stava nel fatto che, durante tutto questo, io ero perfettamente conscio. Mi rendevo conto di ogni cosa, ma il mio corpo non mi apparteneva pi∙: ero una marionetta manovrata da altri. Ora, io ho assistito a molti tremendi supplizi nel corso della mia esistenza. Ho visto uomini trafitti da parte a parte, sbranati da morti viventi, tramutati in polvere dalla magia; ho provato sulla mia pelle il freddo bacio dell’acciaio, e una volta sono stato colpito da un fulmine. Ma niente, amici, niente Φ paragonabile all’orrore di essere scippati del controllo di sΘ, il pi∙ prezioso tra i beni, e ritrovarsi in balia di un avversario che non pu≥ essere nΘ individuato nΘ sconfitto. Fu solo grazie alla benevolenza dei Superi se in quegli istanti non smarrii il senno. Quando finalmente mi fu restituita la sovranitα sul mio essere, mi occorse non poco tempo per radunare abbastanza forze da muovere un passo.

8: GIGANTI!

Immaginate con quanta fatica riuscii a raggiungere Sir Lendar. Il mio signore era in una vasta sala di blocchi squadrati, e fronteggiava non uno, non due, bens∞ tre feroci giganti: se pensate che io esageri per attribuirgli maggior gloria, significa che non conoscete nΘ la mia onestα nΘ il suo valore. Ogni gigante era alto come due interi guerrieri posti uno sull’altro, pi∙ un cubito; erano come scimmie glabre, ma molto pi∙ grandi e possenti di qualsiasi scimmia delle foreste. La loro pelle era come corteccia, e le loro mani avevano sei dita, tra le quali due pollici. Avrebbero potuto abbattere le mura di una cittα a pugni nudi, ma Sir Lendar li teneva a distanza menando colpi micidiali: sotto i miei occhi il coraggio e la destrezza si confrontavano con la forza bruta. Neppure quando ebbe notato la mia presenza Sir Lendar chiese aiuto; la sua preoccupazione si rivolse alla mia incolumitα. "Tsugg!" mi esort≥ "Amico mio, lascia questo luogo! Codesta tenzone non ti condurrebbe che alla morte, se tu ne fossi coinvolto! Ritirati e attendimi in un territorio pi∙ sicuro!" Il suo consiglio non fu inascoltato. Sapevo che gettandomi in quella mischia tra titani non ne sarei uscito vivo, nΘ avrei favorito in alcun modo il mio signore; perci≥ mi voltai, pronto a ritirarmi in qualche angolo. Ma per la terza volta udii ridere una beffarda voce di bambino.

9: DARK FORCES, PART THREE.

Un gelo atroce e subitaneo, d’origine tutt’altro che naturale, solc≥ i miei muscoli e le mie ossa, paralizzandoli; da un momento all’altro non avrei potuto muovere neppure un ciglio. Ero una statua scolpita nella carne. Fu allora che uno dei giganti, forse rendendosi conto che Sir Lendar non rappresentava certo una facile preda, decise di puntare su di me. Era alle mie spalle, non potevo vederlo, ma sentivo i tuoni dei suoi passi che si avvicinavano. Se avevo poche speranze di sopravvivergli in condizioni normali, in quello stato di immobilitα ero giα come morto. Disperato, cercai di scuotermi; provai a richiamare all’ordine gambe e braccia, ma una lama intangibile aveva reciso ogni collegamento tra la mia mente e il mio fisico. L’acro odore selvatico del gigante mi invase le nari, il suo grugnito era sopra di me. Avrei perlomeno voluto raccomandare la mia anima agli Dei, ma neppure le mie labbra mi ubbidivano. Intuii che il gigante stava per sferrare il colpo fatale. Non avevo paura: ero deluso. Non temo la morte, ma ho sempre sognato di cadere in battaglia, battendomi fino all’ultimo; certo non ambivo a lasciarmi massacrare cos∞, inerme come un agnello sacrificale. E forse qualcuno, tra i Numi immortali, ha a cuore il mio destino, perchΘ un istante prima che fossi maciullato la forza che mi tratteneva mi lasci≥ libero. Spiccai un balzo in avanti; il pugno del gigante mi sfior≥ e si abbattΘ al suolo, investendomi con un’ondata di terriccio. Ormai non potevo pi∙ scappare, ma perlomeno potevo difendermi.

10: L’ULTIMA BATTAGLIA.

Vibrai una vigorosa mazzata sul piede destro del bruto che mi torreggiava davanti: una delle punte che ornano la mia arma gli penetr≥ nella carne. Il suo urlo di dolore rimbomb≥ lungo l’intero sotterraneo, e io mi illusi di poter vincere. Breve illusione: il gigante reag∞ con un potente manrovescio, che mi sollev≥ da terra come una bambola e mi scagli≥ contro una parete. La mia spina dorsale non fu l’unico osso a gemere. Ero comunque spacciato, ma almeno sarei morto da guerriero. Il gigante si pass≥ la lingua sui denti gialli, pregustando il lauto banchetto che gli avrei fornito. Ma la soddisfazione sul suo volto si volse in amara sorpresa, quando rivoli di sangue scaturirono dagli angoli della sua bocca. Stramazz≥ senza vita; dietro di lui apparve Sir Lendar, dritto sul suo cavallo, con la spada sguainata e insanguinata. Non lungi giacevano i cadaveri degli altri due giganti. Sir Lendar Sarik sollev≥ la celata dell’elmo e sorrise, gettandomi qualcosa. Era una gemma grezza. "Questi barbari brutali" spieg≥ "Hanno predato molti viandanti, rubando i loro averi: qui ho trovato molti oggetti di valore. I legittimi proprietari sono di certo morti da tempo, pertanto possiamo utilizzare questo tesoro per sfamare i bisognosi delle nostre terre: ma vorrei, amico Tsugg, che tu tenessi per te quella gemma, quale mercede per i servizi resi come scudiero." Mi rialzai e mi profusi in un profondo inchino. "Ma ora" continu≥ Sir Lendar "Torniamo sui nostri passi. Le Catacombe Ilote celano molte altre entitα immonde, ma le mie forze cominciano a scemare; prima ancora che un Paladino sono un semplice uomo, che abbisogna di cibo e di riposo come tutti. Giuro sul mio onore che in futuro faremo ritorno in questo sito infelice, per estirpare il Male che lo infesta; adesso per≥ non possiamo che incamminarci verso casa. Andiamo, Tsugg! Ci aspetta una battaglia d’altro genere, dove si brandiscono posate di stagno, e gli avversari sono le bistecche di manzo che cucina la tua avvenente sorella!" Cos∞ tutto si concluse per il meglio. Non ho mai raccontato a nessuno, fino ad ora, delle forze oscure che per ben tre volte mi possedettero nelle Catacombe Ilote; temevo che neppure la mia proverbiale sinceritα sarebbe bastata a rendere credibile una simile storia. Forse Φ stata la macchinazione di un fantasma malefico, o forse sono stato ingannato da un’alchimia truffaldina; non so dove stia il vero, nΘ mi interessa. So soltanto che stanotte, nel sonno, ho sentito ridere un bambino beffardo, ed ho provato ancora la stessa paura.

Tsugg Btugg

MarkSeparatore.gif (2573 bytes)

SHADEE il drago dei sogni

Author: ANONIMO GUERRIERO - 18/11/1999

Il guerriero aveva combattuto sempre con il cuore pieno di ardore e coraggio, ma era caduto una notte sotto il maglio di un perfido Liche Lord apparso dal nulla, sconfitto dal nemico tanto pi∙ forte di lui, soccombe. Invoca aiuto invano nessuno lo pu≥ aiutare, gli dei non lo ascoltano e se lo ascoltano nulla possono fare per lui, cosi vede sparire oltre che tutti i suoi averi, poche cose, anche le sue speranze e i suoi ideali. Fugge ritornando alla vita mortale, e fugge, fugge imprecando contro se stesso e contro gli dei che lo avevano abbandonato, decide di morire per sempre e di distruggere ogni minima cellula di ci≥ che era stato un guerriero esperto e famoso, fugge e va in un luogo dove facilmente avrebbe trovato morte e resurrezione immediata, e cosi procede, ma un dio, uno solo vegliava su di lui e accorse in suo aiuto e conforto, imped∞ alle orde di smembrare ancora il corpo del paladino e li distrusse con un gesto della mano, lo porto nella cittα incantata e gli parlo. Tocco il suo cuore ricordandogli che molti avevano bisogno ancora di lui, lo riporto alla vita, e gli invio qualcuno che lo avrebbe aiutato in questa ricerca di se stesso Shadee il drago dei sogni. Shadee si mise a fianco del cavaliere dandogli una spada con la quale avrebbe ucciso molti nemici e liberato anche solo in parte Helios da quella feccia di mostri malsani, al fianco di Shadee il guerriero vinse tutte le sue battagli divenendo fortissimo, e ad ogni creatura malvagia uccisa recuperava il suo coraggio. Non ne sfiorava le loro carogne per non contaminarsi della loro malvagitα, combatterono a lungo, Shadee e il guerriero, e all'alba ovvero il luogo dove i sogni finiscono, si separarono, forse il guerriero non incontrerα mai pi∙ Shadee il drago saggio e buono portatore di sogni e speranze, ma certamente non lo dimenticherα, continuerα per sempre a combattere per la luce per la giustizia per i miseri e i pi∙ fragili, Order e il vessillo e lo sarα per sempre. Leggete e meditate popolo di Helios meditate e forse un giorno anche voi verrα il grande saggio Shadee.

Un guerriero con la fede ritrovata.

MarkSeparatore.gif (2573 bytes)

 

Per contattare Helios:

http://www.difnet.net/helios/

roberto@difnet.com

Torna al menu "Servers"               Torna in cima alla pagina

MarkSeparatore.gif (2573 byte)